2021



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Matilda Antonetti, Silvano Razzi e gli artisti: il caso di Alessandro Allori, leggi qui in «pdf»




Le fotografie

– Alessandro Allori, La cacciata dei mercanti dal tempio, SS. Annunziata, cappella di San Girolamo.

– Alessandro Allori, la copia della SS. Annunziata conservata nel monastero di San Lorenzo all’Escorial di Madrid.

– Alessandro Allori, La Natività della Vergine, particolare, 1602, SS. Annunziata, cappella della Natività nella tribuna.


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RAZZI, ALLORI E L'ANNUNZIATA
(dalla tesi di laurea di Matilda Antonetti)


“... due figure del ‘500, il primo è un monaco camaldolese e il secondo è un pittore”, sono i protagonisti della tesi di laurea di Matilda Antonetti, Silvano Razzi e gli artisti: il caso di Alessandro Allori, relatrice Barbara Agosti, correlatore Carmelo Occhipinti, Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, Macro Area di Lettere e Filosofia, Corso di Laurea in Storia dell’Arte, a. a. 2019-2020.

Il primo di loro, Girolamo Silvano Razzi, fratello di Serafino, teologo e predicatore domenicano di San Marco a Firenze, nacque a Marradi nel 1527 dal notaio Populano Razzi, funzionario nella Rocca di San Casciano (Forlì).
Entrò nel novembre del 1559 nell’Ordine di Camaldoli e visse per lo più a Santa Maria degli Angioli di Firenze. Ne fu priore nel 1582, abate nel 1584 e ne promosse la ristrutturazione e gli abbellimenti tramite gli artisti del tempo, come Giovanni Battista Paggi sotto il cui Ritorno dalla Fuga in Egitto fece collocare nel 1598 le reliquie di Paola e di altri beati camaldolesi.
In età giovanile scrisse commedie e tragedie teatrali (La Balia, La Cecca, La Gostanza, La Gismonda), quindi opere sulla famiglia e le virtù morali e orazioni “devotissime”. Fu anche volgarizzatore di testi in latino, agiografo (Le Vite di Maria, di San Giovanni Battista, dei santi fiorentini o camaldolesi) oltre a comporre un Quadragesimale nel 1607.
Riguardo alla storia civile, scrisse le biografie di alcuni personaggi storici come la contessa Matilde, Farinata degli Uberti, Cosimo de’ Medici il Vecchio, Piero Soderini.
Entrò a far parte dal 1565 dell’Accademia Fiorentina e fu amico dello storico Benedetto Varchi – che lo volle suo esecutore testamentario (1560) –, e del pittore Giorgio Vasari con il quale collaborò alla stesura delle Vite – e forse ne fu l’autore, secondo le affermazioni del fratello Serafino.
Silvano morì a Firenze nel 1611 a 84 anni d’età.

Di otto anni più giovane fu il pittore Alessandro Allori che nacque a Firenze il 31 maggio 1535 da Cristofano di Lorenzo e Dianora Sofforoni, stretti amici di Agnolo Bronzino († 1572), suo maestro.
Fin da subito si dedicò alla ritrattistica. A 19 anni si trasferì a Roma, dove studiò le statue antiche e le opere di Michelangelo, tornando a Firenze per dipingere la cappella dei da Montauto nella SS. Annunziata, oggi detta di San Girolamo per l’affresco di Andrea del Castagno restaurato e valorizzato nel 1933.
Tuttavia, pur essendo eccellente pittore, nel corso degli anni Alessandro fu messo in ombra dai sostenitori del movimento di riforma della pittura che rigettò la sua dipendenza dal Bronzino e l’aspetto manieristico e ‘conservatore’ delle sue opere rispetto alle istanze naturalistiche di fine secolo. Morì a Firenze nel 1607 all’età di 72 anni.

Di lui scrisse Silvano Razzi in La Vita del Beato Buonfiglio, a proposito di un “ritratto di questa Nunziata, che fu mandato all’illustrissimo Cardinale Borromeo di santa memoria; e poi un altro per lo Re Filippo di Spagna”.
Ricordò nell’opera anche l’origine miracolosa del Volto della Madonna, Santa Maria di Cafaggio e i Sette Santi Fondatori dell’Ordine, riprendendo gli scritti di Michele Poccianti e descrivendo la devozione di Cosimo I:

“ [...]il Gran Duca Cosimo, signore non mai a pieno lodato, e principe di tanta severità e giudicio, non solo stava dire, che nel volto di essa Nunziata si vede espressa deità, e divinità; ma anche affermava non poter guardarla senza lachrime, ne senza tutto sentirsi dentro commuovere”.

Il Poccianti aveva scritto anche quando si scopriva l’affresco, “in un subito non s’empi la Chiesa e la piazza; gli artefici abbandonan le botteghe, i gentilhuomini tralasciano ogni negotio, che più le donne tenendo poco conto addobbarsi semplicemente e con passi velocissimi si sforzano trovarsi nella Chiesa per vedere questa faccia miracolosa”.

Da tanta devozione originò il desiderio di avere delle copie dell'affresco. Furono celebri proprio quelle dell’Allori.
Sulla prima hanno scritto i padri Raffaele Taucci, Eugenio Casalini e la sottoscritta, aggiungendo notizie inedite quando uscivano alla luce dalle ricerche di archivio.
Antonetti vi aggiunge quelle sul passaggio della tela al cardinale Federico Borromeo che nel 1618 fondò a Milano il Museo Ambrosiano. Vi collocò numerose opere d’arte, acquisite tra 1585 e 1631, comprese la “Nunziata” e altre dell’Ospedale Maggiore lasciate a questo ente in eredità da San Carlo.
Oggi il dipinto è custodito nel deposito della Veneranda Fabbrica del Duomo di Milano.


La seconda copia invece si trova nel monastero di San Lorenzo dell’Escorial di Madrid.
Fu eseguita nel 1584 probabilmente come dono per rimarcare l’alleanza di Francesco I con Filippo II. La consegna avvenne il 31 luglio 1586 ed è riportata in uno studio del 1930 di frate Julián Zarco Cuevas, sacerdote e bibliotecario del monastero.
La descrizione del 1606 di José de Sigüenza, priore e anche storico e libraio, la ricorda collocata nell’antisagrestia del monastero:

[…] Sulla parete di fronte a questa c’è quella famosa storia dell’Annunciata, che a Firenze si mostra con tanti veli, che eguagliano i giorni della settimana, ed è vero che la Vergine e l’angelo sono belli e massima onestà e compostezza; mettono paura e riverenza […].

In seguito fu spostata nel convento per poi ritornare fuori dalla visita pubblica, ma nel posto occupato quando arrivò nel monastero”.

Così scrive Antonetti nella sua tesi di laurea con abbondanza di documentazione e con fotografie e commenti su molte altre copie della SS. Annunziata. Interessante per conoscere la devozione del tempo è anche il brano riportato di Francesco Bocchi sull’incarico dato a Alessandro Allori di ripulire l’affresco della Madonna:

“Dal Gran Duca Francesco (peroche e’ pareva, che la lunghezza del tempo havesse offuscata alquanto questa pittura) egli non ha molto, che fu dato ordine, perche con diligenza da polvere si nettasse. Per questo Alessandro Allori, che dì ciò hebbe commissione, senza fidarsi di suo sapere, il quale è molto, prima che si mettesse all’opera, si confessò, e appresso si comunicò: acciochè nella santa impresa, e nella presenza di tanta maestà fosse l’animo più fermo e più costante”.


Recensione di Paola Ircani Menichini,
10 luglio 2021.